FEDELE LAMPERTICO 

L’UOMO CHE NON FU MAI GIOVANE

La Storia di Vicenza di Emilio Franzina termina con il ritratto di Fedele Lampertico, l’enciclopedico, uomo-tutto del nostro Ottocento, definito da alcuni come “il papà dei vicentini contemporanei”, che una volta ebbe saggiamente a ricordare con autoironia del tutto preterintenzionale: “L’erudito, diceva il Monti, costa sì poco, che Dio ti scampi da un erudito: parlo di quelli che sempre citano e mai non pensano”. Un erudito, quindi, il Lampertico, anzi il principe degli eruditi vicentini che Franzina definisce “un onnivoro di genio penalizzato soltanto da se stesso, ossia dalla propria smodata  pretesa di riuscire non solo a mediare tutto, ma anche di poter destreggiare in ogni campo dello scibile, economico, giuridico, linguistico e, appunto, storico. E come storico pagò sempre un discreto contributo sia alle proprie convinzioni politiche e patriottiche e sia al suo inguaribile vicentinismo”. Famoso in vita e oggetto, dopo la morte, di cura da parte di storici locali e nazionali Fedele Lampertico attira, da qualche tempo in qua, sempre più spesso l’attenzione dei cultori di cose italiane di fine Ottocento. Oltre al volume edito dalla Biblioteca Bertoliana, in occasione del centenario della morte del grande studioso e statista vicentino “Per Vicenza e il bene comune di Vicenza. Opere scelte di Fedele Lampertico”, curato da Francesco Italo Baldo e da Tonino Assirelli, che contiene testi lampertichiani  quali “Statuti del Comune di Vicenza MCCLXIV”, “Vicenza e le leggi patrie”, “Urgenza della questione veneta”, “Relazione di uno statista veneto a un ministro austriaco”, “Sui doveri del deputato”, “Il lavoro”, “La canzone di Giacomo Leopardi ad Angelo Mai”, “Delle scienze nel Veneto dal 1815 al 1866” e “Antonio Rosmini o la sapienza e la scienza della vita”, l’Accademia Olimpica ora pubblica “Vicentinerie di storia e varia cultura” (saggi e studi di Fedele Lampertico (1858-1906)”, da cui emerge in tutta la sua evidenza il profilo di Lampertico come economista,   statista e  membro influente del Senato postunitario. Come ha detto Sergio Romano, ex ambasciatore ed editorialista del Corriere della Sera, che ha curato la premessa del libro edito dalla Biblioteca Bertoliana, Lampertico fu attivo al Senato, accettò cariche accademiche, partecipò a consigli di amministrazione, collaborò a giornali e riviste e intrecciò una serie di relazioni e contatti che influirono sulla formazione del nostro Stato. Inoltre riuscì a capire che il Veneto doveva entrare a far parte dell’Italia per attuare un forte sviluppo economico e sapeva che il progresso di una nazione si misurava in base ai numeri della fabbriche e ai profitti commerciali”.  Da questo nuovo libro edito dalla Accademia Olimpica la figura di Lampertico esce rinnovata e universalmente apprezzata. Nell’arco di una vita abbastanza lunga (1833-1906) si è sempre interessato delle cose di Vicenza e il suo libro è pieno di “vicentinerie”, una miniera di fatti culturali e di episodi storici che rendono il libro interessantissimo e godibilissimo.                                                   Nel 1858 compare su il “Giornale”, edito a Vicenza, il suo primo scritto, il  suo primo contributo alla storia vicentina. Contributo non di un giovane, come era, ma di un uomo maturo che “giovane pareva non esser mai stato”, come ebbe a dire Paolo Lioy: “probabilmente era un ragazzo anch’egli, ma vi è chi dubita, che sia mai stato un ragazzo. Lo si teneva d’occhio e si capiva che era una montagna in via di formazione”.  Giovane coltissimo, come scrisse il suo maestro Todeschini, che “si occupa di diritto e di economia pubblica, più che di lettere, tuttavia il suo ingegno è versato in molte cose”. Rampollo d’una ricca famiglia della nuova borghesia cittadina, affermatasi economicamente durante il periodo napoleonico,  per merito di uno zio di cui ereditò nome e sostanze, Fedele figurava a Vicenza come persona di spicco, per impegno politico fin dal 1853, quand’era entrato a far parte, appena ventenne, del civico consesso in Sala Bernarda, dopo aver intrapreso un classico viaggio in Germania.  Sposatosi con la nobile Olimpia Colleoni nel 1854 e laureatosi a Padova l’anno successivo, faceva parte della ristretta élite di Vicenza, centro urbano minore del Veneto asburgico, che veniva chiamato l’”Atene del Veneto” (un’Atene, ironizzava Gino Benzoni, con il vicentino al posto del greco). Nel 1855 entra nell’Accademia Olimpica di cui sarà presidente dal 1870 al 1883. Egli entra così in seno a una schiera di eruditi e ricercatori che non costituiva certo, per propositi e intenti, un’anomalia nel panorama italiano del tempo. Il primo articolo come storico, come frutto di amore per il “luogo natio”, come cultore di storia locale che allora significava, come scrive Maria Bocci, “concepire l’organismo unitario come un involucro che conteneva diverse identità e che da quelle stesse  identità avrebbe potuto trarre motivo di rafforzamento”. Amore per la propria terra che implicava un antistatalismo latente e la necessità di fare i conti con i trascorsi veneziani della Serenissima. Così nasce l’identità veneta, quel fenomeno che Giovanni Luigi Fontana chiama “il processo politico e laico dei veneti nella comunità nazionale secondo le modalità dell’alfabetizzazione patriottica che s’incrociò con la contemporanea costruzione d’una identità cattolico-papale-italiana dalle spiccate connotazioni regionali”. Lampertico cattolico sta dalla parte dei notabili liberali e assolutamente leali alla Corona. Egli si assume così il compito di essere storico di Vicenza, di una città che non ebbe mai nell’Ottocento e nel primo Novecento uno storico che meritasse questo nome. Fra gli storici locali (Morsolin, Rumor, Bressan, Bortolan) egli è l’unico che conseguirà una fama nazionale. Ma come scrive il Benzoni “quando ambirà a parlare all’Italia tutta, lo farà con inconfondibile accento vicentino”. Nel 1861 collabora all’Archivio Storico Italiano, diretto da Viesseux.  Un capitolo fondamentale dell’introduzione curata da Franzina è dedicato agli anni della maturità e le sue grandi opere. In un arco di anni abbastanza  breve Lampertico, divenuto pilastro del Senato ed economista di fama nazionale come autore dei cinque volumi “Economia dei Popoli e degli Stati”, aveva trovato il modo di dedicare alla storia e alla cultura della propria città una discreta serie di indagini piuttosto originali. I suoi “Statuti del Comune di Vicenza”, scrive Franzina, “costituiscono il frutto forse più maturo della riflessione storica su Vicenza nel Medio Evo di Lampertico”. Ricordiamo inoltre gli studi  “Statuti rurali nel Vicentino”, “Del governo popolare nel secolo XIII”, “Di Nicolò Smereglo e della sua cronaca”,  “I podestà di Vicenza. Anni 1200-1311”, “Dante alighieri a Vicenza”, “Uguccione della Faggiuola a Vicenza”, “Il dominio dei Visconti a Vicenza”, “Su Andrea Palladio”. Un saggio particolarmente interessante intitolato “Curiosità vicentine” si conclude con la descrizione di straordinaria bellezza anche letteraria degli “infinitamente piccoli”: “Umili cose narrai, ma nella storia non meno che nel mondo fisico è pure riservato a un grande ufficio agli infinitamente piccoli. Non sono i mostri marini  e nemmeno quelle miriadi di animali visibili descritti dallo Schleiden, che ci possono dare un’idea adeguata della esplicazione della vita in seno all’Oceano. Gl’infusorii, i foraminiferi, le diatomee, gli infinitamente piccoli insomma sono quelli che realizzano l’ideale della potenza, della universalità della vita, mostrandoci, per dire così,  la vita legata ad ogni atomo dell’universo… Se il fondo dell’Oceano è, come lo chiama Maury, l’immenso cimitero,  dove scendono a riposo quelle generazioni infinite, che già soddisfecero al loro mandato, la fosforescenza marina ci mostra come  ogni stilla è un mondo, ove le generazioni viventi si agitano, intente senza posa a un grande lavoro, di cui la scienza comincia appena a comprendere il magistero (Stoppani). Così nella storia: per un gran tempo furono dimenticati gl’infinitamente piccoli. Non solo vennero appena osservati, ma le osservazioni rimasero pressoché sempre solitarie, ed anco giungendo a stabilire un fatto, non considerarono la ripercussione che esso produce indefinitamente, ancora più che mille onde in mille cerchi girate che il sassolino produce nella superficie di acqua stagnante.  Per la geologia e la fisica  variino in un solo millimetro l’altezza di una catena o la vastità i un seno di mare, e la climatologia di tutte le regioni, quindi del globo intero, subisce un’alterazione. Di mano in mano che dagli archivi si traggono cronache, documenti, glossari, in fondo del quadro di guerre civili e di male signorie ricompare una l’Italia nelle sue cosuetudini, nei suoi statuti, nella vita civile, nella lingua, nell’arte”.

Gianni Giolo

Vicentinerie di storia e varia cultura, Saggi e studi di Fedele Lampertico (1858-1906), a cura di Emilio Franzina, Volumi I e II, Accademia Olimpica.