Gianni Giolo
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DOMENICO STELLA

CHE COS’E’ LA FILOSOFIA?

LA CORRISPONDENZA FRA DOMENICO STELLA E NORBERTO BOBBIO

“Ripartire da Delphi” è il libro testamento di quel grande professore di filosofia e di vita che fu Domenico Stella, padre di Gian Antonio, inviato speciale del Corriere della Sera, Nazzareno, Chiara, Alessandro, amatissimo dai suoi studenti,  che hanno frequentato il Liceo classico “Pigafetta”,  dove ha insegnato per più di vent’anni, e da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Stella era nato a Vicenza dove la famiglia era sfollata nel 1916 dall’Altopiano di Asiago in seguito alla “Strafe-Expedition” austriaca. Figlio di uno stradino, emigrante in Russia e in Ungheria, scolaro di brillante intelligenza, venne aiutato a studiare da una rete di solidarietà cattolica alla quale restò per tutta la vita riconoscente.  Trasferitosi a Roma e trovato lavoro,  come istitutore,  si iscrisse alla Sapienza dove si laureò in filosofia con una tesi su ”I tentativi della neoscolastica di superare il fenomeno moderno”. Insegnò ad Abano Laziale, a Oderzo, Paderno del Grappa, Asolo e infine a Valdagno, San Bonifacio  all’Istituto magistrale di Vicenza, prima di approdare definitivamente al “Pigafetta”.

Il suo libro-testamento è il frutto di anni di lavoro affidato a quaderni a righe, dalle copertine bizzarre. Un’opera filosofica ricca di intelligenza che, come scrive l’autore, si prefigge di essere, come ogni opera del genere, “conclusiva” e testamentaria, documento dell’ultima meta raggiunta da un uomo che ha fatto della ricerca filosofica l’attività principale della sua vita.  Una specie di confessione fatta “in articulo mortis”. E insieme un’opera ricca di autoironia: “Questo mio attacco a tanti stereotipi millenari, sarà un libro inutile: per i non-filosofi e per chi  non ha mai usato la ragione riflessiva perché non capiranno; per i filosofi, e soprattutto per i filosofanti, perché vi vedranno un attacco alla sacralità del mondo di cui vivono e prosperano”. Il suo pensiero Domenico lo espone in una lettera a Norberto Bobbio del 1986. Egli parte dal “Protrettico” di Aristotele:  la filosofia è autentico sapere, anzi il sapere supremo, il sapere dei saperi; in quanto tale la filosofia è la più atta a comandare fra le scienze; la filosofia serve perché contiene in sé il retto giudizio e la sapienza capace di comandare in modo infallibile; la filosofia viene così identificata con la vita. Chiunque pensi, anche chi vuole negare il pensiero, è condannato a fare filosofia. Questa definizione della filosofia – scrive Stella – è stata per me il lungo cruccio e il problema dei problemi.  Ma un giorno mi chiesi: e se per caso, la filosofia non fosse scienza, ma solo il potere congetturale, prospettico, progettuale del Pensiero? “Fu per me un atto liberatorio”, afferma il professore. La filosofia allora per lui è diventata un tentativo di dare risposte astratte ad argomenti concreti: ad esigenze di soluzioni concrete, esistenziali, la filosofia offe “argumenta rationis”, prove, palliativi concettuali, il tutto presentato come “scienza”. Da qui la lenta caduta di credibilità della filosofia, la crisi anche attuale della filosofia come “episteme”. La filosofia fu affetta, per dirla con Dante,  dal “lungo prometter” e dall’”attender corto”. La filosofia dunque per Stella è progettualità, attività progettuale, preventiva e in certo modo, profetica.  Ora questa serie di progetti avviene ad anellazioni crescenti, comunque sempre di diversa ampiezza. L’Illuminismo, per esempio,  è stato una grande età progettuale. In questa prospettiva - secondo Stella – va posta la filosofia. Nata alluvionale e comprensiva di tutte le forme di scientificità,  implicò anche tutta la tipologia delle progettazioni. Progettistica ultima sia che si impegnasse a decifrare le essenze profonde delle cose sia che tentasse la risposta alla domanda originaria dell’”arché” dell’universo. Ma se la filosofia è progettistica non è né vera né falsa. Non è la verità, non è il Pensiero, non è né dogmatismo, né scetticismo, né problematicismo. Allora perché la chiamiamo filosofia? Chiamiamola – dice Stella – “potere progettuale supremo” e di conseguenza della filosofia rimane solo il “filo” e non più la “sofia”.  La filosofia, anziché essere identificata con il Pensiero o con la “forza della ragione” (Severino), ne sarebbe soltanto una forma operativa, l’antefatto progettuale di qualsiasi altra forma. Ma allora cos’è stata  la grande filosofia ellenica? Un tentativo di una risposta totale alla problematica totale. Ma per questa risposta – osserva Stella -  sarebbe necessaria l’esperienza totale, la circumnavigazione e la penetrazione perfetta e integrale dell’universo che fu, è e sarà. Ciò è impossibile.  D’altra parte risposte insoddisfacenti le danno anche le scienze, con il loro irresistibile procedere oltre, in un sorpassamento di teorie e applicazioni senza fine. Dunque la possente tensione umana che sospinge verso i confini della realtà non è soddisfatta né dall’immensità della  filosofia, che tutto vuole abbracciare, né dalla gradualità settoriale delle scienze. Entrambe si rivelano in conclusione fallimentari. Allora che cos’è la filosofia?  Socraticamente “un secco non sapere”,  risponde Stella. Allora che rimane della filosofia? Stella ritorna a Kant che diceva che la Ragione deve prendere coscienza dei limiti della ragione. La filosofia ellenica si palesa a questo punto come il massimo sforzo d’un pensiero umano che guarda tutto da sotto l’arco del cielo, “sub specie temporis et spatii”. Sforzo generoso certamente e da tentare una volta per tutte nella storia dell’umanità, ma che reca in sé un compito increscioso e cioè quello di dimostrare la sua impotenza. Detto diversamente il pensiero greco appare il vertice di un pensiero umano semplicemente umano, senza la Rivelazione di Uno che può dire: “Io sono l’alpha e l’omega”. La filosofia diventa un episodio che rivela un’esigenza umana d’infinito, di una trascendenza che veramente ci costituisce come uomini. Di conseguenza,  scrive Stella, in conclusione, “sembra a me onesto affermare che il pensiero umano in tutte le sue forme abbia in sé insito il destino di fallire nelle sue progettistiche risolutorie supreme, per fare spiccare l’esigenza d’integrazione d’altra fonte. La quale non apparirà allora la confisca della ragione, ma la sua elevazione a un livello di razionalità più alto, verso una ragione iper-razionale”. Allora che cos’è l’uomo, secondo Stella,  se non ”qualcosa che deve essere superato”?

La concezione stelliana della filosofia come progettualità lascia perplesso Il grande filosofo torinese Bobbio. “Di fronte a questa sua tesi – scrive Bobbio – mi riesce difficile dire sì o no. Mi domando se questo compito di progettare non spetti a pieno titolo alla scienza. Che cosa fa lo scienziato se non progettare e poi cercare di attuare il progetto? Che cosa resta di un progetto che non venga attuato? Non è molto riduttivo definire la filosofia, che ha preteso di essere il sapere assoluto, nient’altro che il pre-pensiero? Una volta così detronizzata, perché chiamarla ancora filosofia? Non è anche questa una soluzione consolatoria? Come vede io continuo a battere la testa contro il muro. Sono arrivato all’età in cui non ho più la minima speranza di saperne di più. Lo dico senza angoscia, almeno per quello che riguarda la mia esistenza individuale, il granello di sabbia che io sono. Perché un granello di sabbia dovrebbe preoccuparsi di essere in riva al mare o in un deserto? Più preoccupato sono per l’esistenza stessa dell’universo, del Tutto, di cui non riesco a capire il senso, perché è stato creato, posto che sia stato creato, e perché morirà, posto che sia destinato a morire. Ma perché poi il granello di sabbia dovrebbe darsi pensiero dell’universo? Forse questo è l’unico modo per continuare a vivere senza troppe angustie. Come vede, la mia filosofia è senza risposte. E’ anzi il rifiuto di qualsiasi progetto. E’ l’accettazione della mancanza di qualsiasi progetto”.

Prima di morire Stella disse a sua moglie e  ai suoi figli: “Quando uscirà il libro, se uscirà e se i grandi spiriti della dettatura e dittatura filosofica se ne accorgeranno, tenteranno di ridurlo “in una sentenza”, fagocitandolo e bollandolo di irrazionalismo. E così la filosofia continuerà al sua illusione, il suo inganno o il suo micidiale imperialismo delle élite (false e bugiarde) intellettuali”. 

 

Gianni Giolo

 

D. STELLA, Ripartire da Delphi per una filosofia della filosofia, Publileo, senza prezzo


 

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