Gianni Giolo
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ROBERTO BUSA

L’ATTUALITA’ DI SAN TOMMASO

Il vicentino gesuita Padre Roberto Busa è stato docente di filosofia scolastica all’Aloisianum di Gallarate, di linguistica e ermeneutica computazionali all’Universtà Cattolica di Milano e alla Pontificia Università gregoriana di Roma. Proprio dell’informatica linguistica è il pioniere, sviluppata anche in collaborazione con l’IBM. Ha redatto l’Index Thomisticus, in 56 volumi (oggi disponibile su CD-ROM), censimento elettronico classificato degli 11 milioni di parole latine  dell’Opera omnia di Tommaso d’Aquino, con ipertesti. Con la casa editrice “Spirali” ha pubblicato “Quodlibet”. Briciole del mio mulino” (La Domenica di Vicenza, 16 settembre 2000) e ora “Rovesciando Babele, ossia tornare alle radici d’ogni lingua”.

“L’Index Thomisticus – ha scritto Padre Busa – rappresenta il primo e indispensabile documento per lo studio scientifico del vocabolario tomistico. Per studio scientifico del vocabolario intendo l’analisi diretta- filologica o grammaticale o linguistica o lessicale, che dir si voglia, di tutta l’apparecchiatura espressiva. Si parte cioè dal presupposto che prima di occuparsi del pensiero di san Tommaso, di ciò che egli vuole dire, sia necessario anzitutto definire ciò con cui dice quanto dice. L’analisi lessicale deve precedere l’interpretazione filosofica. Ovvero, prima di tradurre le opere di un autore, bisogna averne tradotto il vocabolario.

Ma per avere un’idea almeno sommaria dell’enorme lavoro che ho dovuto affrontare nei 25 anni spesi nella compilazione dell’Index Thomisticus,converrà dire una parola sugli scritti tomistici, sui problemi che pone la composizione di un inventario linguistico, sulla parte che si può legittimamente affidare a una macchina, com’è il computer, nell’esecuzione di un’opera di analisi linguistica.

Mi viene spesso fatta la domanda: a che cosa serve san Tommaso oggi? Certo, in quei livelli della teologia, che mi permetto di chiamare giornalistici, dove nuove teologie non sono troppe volte che compiacenze per i nuovi estetismi verbali, è ovvio che san Tommaso non è di moda. Ma al di sotto di questa maretta che increspa la superficie del mare teologico, soggiace più profondo e duraturo il fatto enorme – e nuovo nella storia della Chiesa – che i giovani ecclesiastici conosceranno il latino non più come seconda lingua, bensì al massimo nella misura con cui le generazioni precedenti, mia compresa, conoscevano il greco. Perciò nella peggiore delle ipotesi e come minimo, fino a che la tradizione resterà valore essenziale della cultura ecclesiastica, il collegamento con il pensiero cristiano dei secoli trascorsi dovrà, se non altro, essere realizzato con la traduzione anche del solo san Tommaso.  Un lessico tomistico, quale potrà nascere dall’Index Thomisticus, sarà certamente una base per questa  traduzione, se non anzi, una vera e propria e non spregevole traduzione. Resta infatti ancora vero che san Tommaso non va considerato uno tra i dottori cattolici da privilegiare contro gli altri, bensì quello che ha saputo riassumere gli altri in forme logicamente, linguisticamente e didatticamente ottimali.

Salvo comunque tutto ciò, voglio mettere in luce un aspetto che a me pare utile per dare un senso all’espressione “modernità di san Tommaso”. Nella funzione didattica distinguo infatti due aspetti: da una parte l’informazione e dall’altra l’affinamento della capacità logica e critica. Semplifico la prima come arricchimento del magazzino della memoria, la seconda come scuola  dell’intelligenza, in quanto macchina di scoperta e creazione. Se preferite, paragono questo al mulino, quella al grano che vi va macinato. Ebbene, io arrivo a chiamare “sfida tomistica” all’odierna cultura, eccessivamente concentrata sull’accumulo d’informazione della memoria, il fatto che san Tommaso resti ancora oggi il maestro insuperato per educare nei giovani il potere logico, la capacità critica e la spinta creativa del pensare.

Quale san Tommaso è valido oggi? Nessuno ovviamente pensa di valorizzare oggi in san Tommaso la sua astronomia tolemaica e i primi albori dell’osservazione naturale, ancora troppo empirica e scarna, perché incipiente, per poter essere detta scientifica, ma non si deve tacere che in lui – quale espressione della scolastica e questa quale scienza del pensiero cristiano – vi è un capitolo gigantesco di sapere, acquisito e maturato quella vera e propria scienza, che invece è purtroppo una lacuna della cultura più recente. Parlo di quella psicologia filosofica, analisi del contenuto dei pensieri, emozioni e reazioni, che va col nome di psycologia rationalis, e che ha un suo proprio metodo introspettivo, via interioritatis,  fondato sull’analisi di quanto è comune nel linguaggio. Chi nella cibernetica d’oggi segue come vengono espressi i risultati delle ricerche di elettroneurofisiologia  e nella psicologia osserva il preponderare del comportamentismo, si  rende conto di come il metodo sperimentale e matematico sia stato indebitamente universalizzato, quasi esso sia l’unico metodo valido di indagine scientifica. E con questo ci si rende conto perché l’analisi dei fatti e valori interiori dell’uomo dorma, nelle opere di San Tommaso, il sonno indisturbato con cui dormivano i tesori di Tutankamen prima che nel 1923 il fascio d’attenzione d’una torcia elettrica lo interrompesse. Ma chi preoccupato della miseria concettuale che va col nome, amaro e contraddittorio, di ateismo scientifico, volesse ridefinire gli anelli logici che fanno confluire ogni informazione di scienze esatte e naturali verso l’imbocco della meditazione religiosa e della saggezza interiore, dovrà assimilare e tradurre quanto san Tommaso ha riassunto in quelle opere, ovvero riscoprirlo e ridefinirlo da sé.

Per questo, se mi si chiede: ci si deve fermare a san Tommaso? Rispondo senza esitazione che non ci si deve fermare a san Tommaso. Ma per non fermarvicisi, bisogna esserci arrivati. E come potremmo dire di esserci arrivati, se non ne abbiamo ancora studiato scientificamente il lessico? E, beninteso, intendo per san Tommaso il contenuto, l’organizzazione logica e il vocabolario delle sue opere, non perché ipse dixit, ma per quel che sono e valgono in se stesse”.

Il volume “Rovesciando Babele” – scrive Armando Verdiglione – lascia intuire l’immane impresa intellettuale di padre  Roberto Rosa. Gli scritti contenuti e la bibliografia offrono mezzi e strumenti per molte generazioni di ricercatori, di scrittori e d’intellettuali. Noi stimiamo e ammiriamo padre Busa da oltre venticinque anni. Lo abbiamo ascoltato in numerosi nostri congressi internazionali. E abbiamo letto gli scritti. E lo ascolteremo e lo  leggeremo, con gli auditori e i lettori di mille nazioni e di milioni di lingue. Per i prossimi decenni, e oltre. Ben oltre”.

In questo libro padre Busa sostiene: “la traducibilità delle lingue esiste da sempre. Essa comprova che una  utile disciplina anche informatica della comunicazione tra lingue  diverse deve pur essere possibile. Infatti, entro il groviglio di forze che chiamiamo mente, ve ne sono, tra le altre, due enormi: una il pensiero e l’altra la sua interiore espressione, quella cioè con cui il pensiero genera e organizza il sistema dei segni, prima di esteriorizzarsi su supporti già esistenti da sé a parte.

Le differenze delle lingue a valle sono molte (troppe!) e vive, ma non lo sono a monte tra concetti e pensieri, se non di misure e distribuzione. Inoltre e infatti le differenze espressive  e loro evoluzioni sono imbrigliate dai parametri della “luce” comune che illumina ogni uomo: “ontologia generativa”, ossia la nostra primigenia logica, (“primitivi concettuali” che sfociano negli “universali linguistici”) quella che tutti ci fa pensare e parlare e capire e tradurre. E’ per questa traducibilità che voi e io continuiamo, pur su binari diversi, a lavorare”.

 

Gianni Giolo

 

R. BUSA S.J., Rovesciando Babele, Spirali, euro 30,00


 

Gianni Giolo