Gianni Giolo
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GARCIA MARQUEZ

“MEMORIA DELLE MIE PUTTANE TRISTI”

Tutti parlano del libro del giorno, del libro che ha fatto scandalo e  sta in vetta alle classifiche dei libri più venduti nel mondo: “Memoria delle mie puttane tristi” di Gabriel Garcia Marquez. Si tratta di un vecchio novantenne che decide di festeggiare il suo compleanno concedendosi una notte d’amore con una adolescente vergine. Ne ha parlato per primo nel Giornale di Vicenza il filosofo Franco Volpi che non accetta l’idea che la pedofilia sia condannata nei siti Internet e sublimata in letteratura. Il filosofo ha evidenziato come  nel libro  del grande scrittore colombiano, premio Nobel per la letteratura nel 1982, “l’amabile vecchio che vive con mesta rassegnazione l’implacabilità del tempo, la sua inesorabile irreversibilità, pur di tornare a vivere la gioventù perduta venderebbe l’anima al demonio”.. E’ il grande motivo del Faust, il vecchio saggio di Goethe che nel racconto dello scrittore intravediamo declinato in una variante moderna, inevitabilmente decadente e impoverita. Faust nella disillusione dell’ormai tetra vecchiaia cede alla tentazione di Mefistofele – del Maligno, della “spirito che sempre nega” – e in un patto firmato col sangue gli vende l’anima. In cambio ne riceve l’eterna giovinezza e la speranza di fare propria la candida Margarete. Faust cerca di arrestare il tempo e all’attimo fuggente grida: “Fermati, che sei bello!”. Ma ciò che alla fine lo eleva oltre la transitorietà del mondo è la Donna: “Ogni cosa che passa è solo un simbolo. E’ l’eterno Femminile che ci trae verso l’alto”. “L’amore – conclude il filosofo – questa forza magica della natura, capace di esercitare su tutti i viventi un’attrazione irresistibile, e troppo importante per essere lasciata a spiegazioni semplicemente naturalistiche – diventa un’occasione di trascendenza. Fornisce l’appoggio per oltrepassare la corporeità ed elevarsi sul piano dello spirito”.

Un giudizio moralmente negativo del romanzo ha dato lo scrittore  cattolico scledense Luciano Marigo che ha posto in luce “la sapiente malizia del linguaggio di cui Marquez è maestro indiscusso”. “Ebbene – osserva lo scrittore – al termine della lettura non resta che un malessere che pervade la mente e il cuore come se trascinati dalla maestria affabulatoria (e a tratti un po’ istrionesca) del  grande narratore ci ritrovassimo infine sperduti in un livido pantano immerso nella nebbia…Fossi ancora in cattedra, questo romanzo non lo metterei certo nel programma di un “libroforum”. Davvero non vedo che cosa vi sia di godibile in questo tristo evento letterario nel quale mi augurerei – vorrei augurarmi – che sapessimo cogliere l’occasione per riflettere sulle nostre schizofrenie. Che l’arte sia arte non c’è dubbio; ma l’autoironia dell’arte è un fatto ontologico e non un criterio etico e perciò non riscatta né sublima nessuna delle nostre miserie né ci solleva dalle nostre responsabilità. Forse non è sempre il caso di cavarsi il cappello e di rendere omaggio ai maestri”. Una interpretazione moralistica quella di Marigo che contravviene alla regola fondamentale di ogni lettore e di ogni critico: non confondere mai l’autore implicito di un testo con quello reale.

 Lo mette in luce un acuto saggio del critico Marco Cavalli che osserva come “la letteratura, di per se stessa, non si prefigge di edificare, di insegnare, di redimere, di renderci più sensibili verso il prossimo o più criminali”. Alla letteratura – nota Cavalli – è estranea ogni finalità sapienziale o di corruzione. L’uso e l’abuso che facciamo di un testo letterario è un affare che riguarda solo noi, un arbitrio le cui conseguenze, fauste e nefaste, ricadono per intero sul lettore. Una persona che, lette “Le relazioni pericolose”, si dia al libertinaggio a tempo pieno, avrebbe intrapreso quella carriera comunque, anche se al posto del romanzo di Laclos avesse letto un albo di Topolino. Per Cavalli l’affermazione di Marigo che giudica interessante solo quel libro o quel romanzo che “fa amare la vita” è “di una tale catechistica vuotaggine che quasi mi vergogno a ripeterla”. “Non capirò mai – precisa il critico – i lettori che guardano dentro la letteratura sperando o paventando di trovarvi delle idee o una morale…Faccio fatica a credere che “Madame Bovary” e “Anna Karenina” e “Effi Briest” e “La lettera scarlatta” possano dirci alcunché di significativo sulla posizione dei loro autori rispetto all’adulterio. Visto che sguazziamo nel risaputo, agiterò un altro po’ l’acqua nel bicchiere:  credo che avremmo smesso da un  pezzo di leggerli, quei titoli, se il loro valore letterario dipendesse da questo…Le letteratura non va all’ingrosso su niente; ogni realtà e ogni stato d’animo, dai più sublimi ai più abbietti, li investiga, li fa conoscere attraverso i loro punti di vista, uno più diversificato dell’altro e tutti soggetti per statuto a mutar pelle dall’interno. A rinnovarli, a renderli imprendibili anche quando ci pare di averne catturato la fisionomia, sono le screziature emotive della sensibilità linguistica di ogni singolo scrittore che da quel punto di vista ci parla parlandoci di quei punti di vista, raccontandoceli. Non c’è aspetto della realtà inaccessibile a uno scrittore e che uno scrittore consideri inaccessibile. Un grande  scrittore possiede quella rara familiarità terraquea col mondo che gli permette di toccare tutto senza profanare nulla…Sono sicuro che nessuno è così intellettualmente piccolo borghese da chiedersi ancora se “Lolita” di Nabokov possa istigare alla pedofilia. A ogni modo, la risposta sarebbe: non più di quanto Agata Christie abbia il potere di convertire alla mistica dell’avvelenamento da arsenico l’orda dei suoi piccoli e grandi fans”

L’intervento di Fernando Bandini precisa che l’io narrante del libro di Marquez non è identificabile con lo scrittore e che “lo scrittore non interviene col suo giudizio sul comportamento del vecchio”. Ma non si è considerato che il vecchio ha novant’anni. “Siamo di fronte – scrive Bandini – a un paradosso narrativo, in bilico tra il surreale e il fiabesco, come spesso avviene nelle pagine dello scrittore sudamericano. L’età del protagonista viene volutamente esibita per far vacillare ogni assunto realistico, per intaccare la struttura naturalistica che solitamente sorregge i racconti e affidarne piuttosto la credibilità a una dimensione poetica”.  Bandini paragona il romanzo al “Don Giovanni” di Mozart, “del quale ammiccano tra le righe di Marquez innumerevoli echi che sarebbe troppo lungo enumerare”. Per il vecchio congedarsi dalla vita comperando una notte d’amore con una ragazza vergine è un rito che intende esorcizzare la propria morte.

 

Gianni Giolo

 

 

 

G. GARCIA MARQUEZ, “Memoria delle mie puttane tristi”, Mondadori, euro 14,00

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